Joseph Losey
(The Servant)
Film
Drammatico
UN FILM SOVVERSIVO DOVE TUTTO CONVERGE CON LA PERFEZIONE.
diJoseph Losey
concon James Fox, Sarah Miles, Dirk Bogarde, Wendy Craig, Catherine Lacey.
durata: 110 Min. produzione: GB (1963)
Link al sito: https://www.mymovies.it/film/1963/il-servo/
Barrett viene assunto come domestico da Tony, un imprenditore in campo edilizio appena tornato dall'Africa dove sta sviluppando un importante progetto abitativo. Tony ha una fidanzata, Susan, che da subito non apprezza la presenza di Barrett e ne riceve una ricambiata diffidenza. Dietro a modi e comportamenti servili e rispettosi si nasconde una personalità complessa che ha come unico scopo il dominio. Grazie all'ospitalità, che Tony autorizza, della 'sorella' Vera gliela fa cadere tra le braccia per poi svelare il loro rapporto dinanzi a Susan.
Adattamento di un racconto di Robin Maugham è il primo di tre collaborazioni tra Joseph Losey e Harold Pinter. Seguiranno L'incidente e Messaggero d'amore.
Il servo appartiene alla categoria dei film 'sovversivi' che neanche il più retrivo dei conservatori può considerare mediocri o, peggio ancora, brutti. Perché in esso tutto finisce con il convergere con la perfezione. A partire dallo studio dei personaggi su cui primeggia il Barrett di Dirk Bogarde, il cui valore non è mai stato a sufficienza riconosciuto.
Ad ogni personaggio che gli è stato affidato ha offerto elementi di complessità e/o di ambiguità e in questo film che gli valse il riconoscimento come miglior attore britannico, lo fa in modo eccellente passando dal reverente al dominante attraversando una vasta gamma di mutamenti segnalati a volte solo da una postura o da uno sguardo.
Losey se ne serve per realizzare un film che fa a pezzi la borghesia rampante (ai danni dell'Africa nello specifico ma non solo) mostrandone l'irresolutezza e la fragilità nascoste dietro la maschera dell'etichetta e del comando. Lo fa con una macchina da presa che rivela e nasconde e con un bianco e nero che la copia restaurata restituisce con grande efficacia cromatica. Al di là della vicenda, che prevede un raggiro come elemento di base - che si avvale di una complicità femminile finalizzata a far emergere i risvolti di una sessualità che si rivelerà successivamente mutevole esplicitando così temi che il cinema britannico avrebbe fatto propri in seguito - quello che colpisce è altro a uno sguardo attento e contemporaneo.
Losey (e Pinter con lui) lavorano con una minuzia certosina su un personaggio muto al cui interno tutto si sviluppa. Si osservi quella casa a più livelli che si presenta totalmente spoglia all'inizio per poi progressivamente riempirsi di oggetti che possono trasformarsi in materia del contendere (vedi il vaso con i fiori freschi che mette l'una contro l'altro Susan e Barrett).
Ogni elemento dell'arredo, ogni stanza rivela qualcosa di chi lo abita come accade nella realtà. Quando entriamo nella stanza che Barrett spesso condivide con la 'sorella' Vera possiamo misurare l'abisso che la separa dal resto dell'immobile. Poi ci sono quegli specchi che vanno oltre il riflettere e tutte le letture che nel corso della storia del cinema anteriore si erano fatte. Perché qui e in più occasioni lo specchio distorce quanto sta accadendo rivelandone la vera essenza e marcando, quasi come se si fosse di fronte a titoli di capitoli, il divenire della messa a nudo di una classe che vorrebbe essere dominante ma non ne ha né l'etica né la forza interiore.
Recensione da:
Giancarlo Zappoli