Locandina Film DAISIES - LE MARGHERITINE

DAISIES - LE MARGHERITINE

(Sedmikrásky)

Film

Commedia

IL MANIFESTO DI UN FEMMINISMO CHE ASSUME I TONI DELL'ESTETICA DADAISTA: L'OPERA PIŮ SIGNIFICATIVA E TRASGRESSIVA DI CHYTILOVÁ.

di Vera Chytilová

concon Ivana Karbanová, Jitka Cerhová, Julius Albert, Jan Klusák, Marie Cesková.

durata: 74 Min. produzione: Rep. Ceca (1966)

Link al sito: https://www.mymovies.it/film/1966/le-margheritine/

Due giovani donne (che scopriremo chiamarsi entrambe Maria) in costume da bagno si trovano ai bordi di una piscina con atteggiamento apatico. Si trovano così a riflettere su come va il mondo e ne deducono che la corruzione e la cattiveria sono ovunque. Possono quindi permettersi di essere anche loro cattive dando così il via a una catena di trasgressioni che includono il cibo, il fumo, le relazioni con gli uomini e un'ampia sequela di stravaganti provocazioni.

Vera Chytilová, una delle più importanti registe del cinema ceco, realizza con questo film la sua opera più significativa e trasgressiva.

Correva l'anno 1966 quando sugli schermi cechi usciva Margheritine. Soffiava sul Paese un vento che faceva sperare in un cambiamento in senso positivo della società. Ci avrebbero pensato i carri armati russi, il 20 agosto 1968, a soffocare quel desiderio di mutamento e di libertà. L'attività della Chytilová non si sarebbe per questo fermata finendo, com'era inevitabile, nella morsa della censura.

Sua opera terza questo film si presenta come il manifesto di un femminismo che assume i toni dell'estetica dadaista mostrando come l'autodefinitosi sistema socialista avesse finito con il fare propri gli aspetti più decadenti e retrivi della borghesia (e questo è ciò che più deve avere infastidito il potere, anche prima dell'intervento sovietico). I ripetuti incontri con uomini in là con gli anni, che evidentemente sperano di potersi sposare dalla tavola del ristorante al letto di un hotel venendo invece rispediti ai loro luoghi di provenienza, dicono molto in materia. Le due Marie hanno caratteri diversi. Una è più disinibita e va all'attacco mentre l'altra interviene più in seconda battuta ma entrambe sono al servizio di una regia che mira a stupire mentre fa riflettere sulla disgregazione di un mondo che, dopo il secondo conflitto mondiale che apre e chiude il film, può solo rifugiarsi in un'astratta e giocosa follia per cercare di trovare un possibile futuro.

Chytilová utilizza tutti i mezzi che la tecnologia dell'epoca poteva metterle a disposizione per spiazzare lo spettatore costringendolo all'attenzione. Si passa indifferentemente dal colore al bianco e nero o al seppiato senza che vi sia una vera e propria ragione ma per il gusto della variazione sul ritmo estetico. Chiaramente la rappresentazione della donna qui è funzionale a una sua liberazione da tutti i dogmi (la mela di Eva diventa una pesca di cui vediamo una possibile funzione di simbolo omoerotico).

 

La distruzione del set (si veda la scena finale) non è ovviamente frutto soltanto di un divertissement fine a sè stesso. Questo lo si può ulteriormente notare perché invece la composizione di alcune inquadrature si rivela estremamente raffinata nel mettere insieme persone ed oggetti. Tanto da far pensare al cinema di Sergei Parajanov e a Le ombre degli avi dimenticati del 1964. Il meccanismo che apre il film alternandosi con immagini documentaristiche della guerra fornisce la chiave di lettura dell'intera opera. L'unico modo per non farsi stritolare da quell'ingranaggio è sfuggire alle regole. Anche se i rischi non mancheranno.

Recensione da:

Giancarlo Zappoli