Film Rosso
(Trois couleurs: Rouge)
Film
Drammatico
Il flm che chiude la trilogia dedicata ai principi fondamentali della Rivoluzione francese.
diKrzysztof Kieslowski.
concon Irène Jacob: Valentine Dussaut · Jean-Louis Trintignant: giudice Joseph Kern
durata: 100 Min. produzione: Fra. (1994)
Link al sito: https://www.mymovies.it/film/1994/trecolorifilmrosso/
Valentine è una modella che vive a Ginevra e ha un compagno che sta a Londra con cui la relazione non va benissimo. Una sera investe una cagna che appartiene a un uomo solitario che scoprirà essere un giudice in pensione il quale sembra indifferente a ogni rapporto umano. L'uomo ha più di un segreto, uno dei quali riguarda un'attività illegale.
Kieslowski con questo film chiude la trilogia dedicata ai principi fondamentali della Rivoluzione francese (Libertà, Uguaglianza, Fraternità) e purtroppo, seppur inconsapevolmente, realizza la sua ultima opera cinematografica. Morirà infatti due anni dopo.
Sarebbe facile leggerlo come un film testamento ma non sarebbe corretto perché il regista stava già lavorando a un progetto su Inferno/Purgatorio/Paradiso. Si tratta invece di un'opera che chiude scientemente un percorso e che trova la propria conclusione in una collocazione geo-politica che è al contempo europea ed extra europea: la Svizzera. Non dimenticando però la Polonia postcomunista con le sue luci (poche) e le sue ombre (inquietanti) a cui viene fatto riferimento parlando di un furto d'auto ai danni del compagno di Valentine.
La critica ha considerato questo film come una nuova salita ai vertici sia dell'intreccio narrativo sia del linguaggio visivo dopo la presunta cedevolezza di Film bianco.
Si è puntato molto sul rapporto con la figura paterna andandola ad identificare nel ruolo affidato a un sempre perfetto Jean-Louis Trintignant. C'è però qualcosa di più e di diverso perché non va dimenticato che Kieslowski è l'autore del tanto laico quanto profondamente spirituale Decalogo che lo fece conoscere al più vasto pubblico europeo. In quel giudice che si è ritirato dal mondo, che mostra indifferenza nei confronti di qualsiasi possibile coinvolgimento di sentimenti (a partire dalla cagna ferita e incinta), in quell'uomo anziano, di cui scopriremo le ragioni del prepensionamento, che ascolta (meglio: spia) le conversazioni telefoniche altrui venendo così a conoscenza di ciò che dovrebbe restare incognito si può leggere l'immagine di Dio secondo Kieslowski. Un Dio che ha deciso di allontanarsi dal mondo e di guardarlo da lontano, continuando a giudicarlo ma senza intervenire. Un Dio che ha bisogno dell'uomo per tornare a comprendere l'umanità e ad averne misericordia (nell'accezione non pietistica ma elevata del termine).
Valentine si trova ad essere quella rappresentante dell'umanità che gli apre nuovamente lo sguardo e ne modifica la percezione: non più un isolato disincanto ma una partecipazione alle umane vicissitudini che comprendono anche la presenza fondamentale del Caso. Non dimentichiamo che nel 1981 Kieslowski aveva girato "Przypadek" la cui traduzione letterale era "Il caso" e non l'insipiente Destino cieco con cui è stato titolato in Italia. Si trattava di uno Sliding Doors in anticipo sui tempi di cui il regista sembra non essersi dimenticato neanche successivamente. E' il Caso che porta Valentine da lui ma non sarà questa la sua sola manifestazione.
A fornire un suggello a questa lettura critica è la battuta che la giovane donna a un certo punto gli rivolge: "Che cos'altro sa? Chi è lei?" La risposta "Un giudice in pensione" è tanto apparentemente lapalissiana quanto aperta a un'interpretazione 'altra'. Perché siamo di fronte a un film in cui i raddoppiamenti si accompagnano alle aperture. Se Julie in Film blu e Dominique in Film bianco si trovavano ancora dietro dei vetri ora la finestra attraverso cui guarda il giudice ha il vetro rotto, è aperta all'esterno. Così come finalmente è aperto il gesto di Valentine verso la persona anziana che ripete un gesto visto nei due film precedenti chiudendo così uno dei tanti percorsi che questa trilogia propone allo spettatore che abbia il desiderio di guardare e non solo di vedere.
Recensione da:
G. Zappoli