GLI AMORI DI ANAÏS
(Les amours d'Anaïs)
Film
Drammatico
UN FILM TUTTO DI SCRITTURA E RECITAZIONE, CON LO CHARME IMMEDIATO, NATURALE, TRAVOLGENTE DI ANAIS DEMOUSTIER.
diCharline Bourgeois-Tacquet
con Anaïs Demoustier, Valeria Bruni Tedeschi, Denis Podalydès, Jean-Charles Clichet.
durata: 98 Min. produzione: FRA (2021)
Link al sito: https://www.mymovies.it/film/2021/les-amours-danais/
Anaïs ha trent'anni, soldi in tasca pochi. Non sta mai ferma, non sta mai zitta, è perennemente in ritardo. Sembra vivere l'attimo, senza preoccuparsi mai delle conseguenze. Deve finire di scrivere la tesi, è in ritardo con l'affitto, ha un fidanzato che forse non ama più, al quale rivela di essere incinta quasi distrattamente. L'incontro con un editore che ha il doppio dei suoi anni la porterà a iniziare qualcosa: ma ad intrigarla sarà, molto di più, la compagna di lui, scrittrice e saggista di successo. Una donna che, forse, è tutto quello che Anaïs vorrebbe diventare. S'incontrano per caso. Poi Anaïs troverà il modo di incontrarla di nuovo.
Che cosa vuole davvero Anaïs? Vuole vivere pienamente, intensamente. Vuole l'amore: magari, rubandolo. Un film sapientemente sospeso fra leggerezza, dolore e desideri.
Parte con i ritmi di un minuetto, una sarabanda: Anaïs corre, corre trafelata, con una bicicletta su cui non la vediamo mai salire: la trascina sempre a mano, la porterebbe anche su per le scale. Anaïs leggera come i vestitini che indossa, gonne corte, cotone rosso come la giovanissima, e sexy, Emmanuelle Seigner in Frantic di Roman Polanski. Anaïs corre, nel film di Charline Bourgeois-Tacquet che senti esserle vicina, complice. Corre, e si strappa via dalle ali, si sbarazza di ragazzi che la amano, gravidanze indesiderate, professori universitari, editori incontrati ad una festa.
La prima cosa che salta agli occhi, nel film, è questa figura leggera, da nouvelle vague, attorno a cui sembra avvitarsi tutta l'opera, come se inseguisse i suoi movimenti - i primi piani sequenza, vertiginosi - le sue indecisioni, le sue bugie, il suo potere di sedurre chiunque con un vestitino da tre soldi, le gambe nude, e un talento per dribblare ogni domanda. Ricorda un'altra giovane donna, bella e indecisa a tutto: la Frances Ha tratteggiata da Greta Gerwig, in una New York in bianco e nero che, per un attimo, aveva fatto sognare di essere tornati ai tempi del miglior Woody Allen.
Qui, più che vicino a Woody Allen, siamo dalle parti del cinema di Rohmer e di Rivette, o di Louis Malle: campagna, borghesia intellettuale, dialoghi veloci che scivolano come acqua di ruscello. E ogni tanto una citazione di Duras, o una foto di Alain Robbe-Grillet.
Una villa in campagna, un seminario di letteratura, un ipotetico triangolo di seduzioni e tradimenti. Ma anziché giocare con la commedia, sfruttare le potenzialità degli equivoci, il film sembra somigliare più ai "racconti morali" di Eric Rohmer, e lei, con una protagonista inquieta come la protagonista de Il raggio verde. Fatto sta che il film vede tutto con gli occhi di Anaïs. E tu, spettatore, ti chiedi a lungo che cosa voglia veramente questa ragazza. Alla fine lo capisci; vuole vivere pienamente, intensamente. "Ho paura dell'infelicità, e questo mi rende egoista" dice dopo aver visitato la madre, che scopre malata - un'interpretazione sobria e notevolissima di Anne Canovas.
Anaïs si può solo amare. Perchè è bugiarda con tutti, ma è più vera di tutti. Per lei conta solo il grado più alto della passione, l'assoluto del desiderio. Il resto è fuffa, è zavorra. Intravede l'assoluto nell'incontro con la scrittrice, interpretata da una Valeria Bruni Tedeschi dalla recitazione sobria, senza accelerazioni improvvise, precipitazioni, manierismi. La scrittrice si è ritirata in un bunker invisibile, dove l'unico azzardo è cambiare stile di scrittura, secondo l'argomento. Anaïs le oppone la sua fame di vivere, di amare. E si permette di rovesciare tutto in un istante.
Equilibrato fra commedia - a un certo punto c'è anche un lèmure in overdose - dramma e viaggio sentimentale, Gli amori di Anaïs è un film tutto di scrittura e di recitazione. La regia ti fa essere lì, e quando è necessario ti fa anche sentire - con alcuni primissimi piani - la delicatezza della pelle di Anais, il rossore sul collo di Bruni Tedeschi. Ma per la maggior parte del tempo ti fa "essere lì", ed è ciò che conta. La musica, firmata da un fuoriclasse come Nicola Piovani, non invade: per apparire magari prepotente all'interno del racconto, quando Valeria Bruni Tedeschi e Anaïs Demoustier ballano, in una luce di crepuscolo in cui ogni equilibrio sembra più fragile, sulle note rauche di "Bette Davis Eyes" di Kim Carnes.
E gli uomini? Uno dopo l'altro, tutti cadono in trappola. Tutti manipolati, ingannati, tutti fermi a guardare Anais che se ne va sempre altrove. Ma è lei che ha ragione: lei che mente, lei che cambia direzione all'improvviso. Perché l'amore lo si ruba, non lo si attende pazienti. E lei ruba l'amore, sapendo di potersi fare male. Petite voleuse, piccola ladra; come il titolo di un film di Claude Miller con una giovanissima Charlotte Gainsbourg.
Dimenticavamo, ma lo avete capito: Anais Demoustier illumina lo schermo, con la sua energia, la sua freschezza, il suo charme così immediato, naturale, travolgente.
Recensione da:
Giovanni Bogani