Hollywood party
( The party )
Film
Commedia
Sberleffo estremo verso il mondo di Hollywood e manifesto anarco-pop senza freni.
di Blake Edwards
con Peter Sellers, Claudine Longet, Jean Carson, Marge Champion, Al Checco, Corinne Cole.
durata: 98 min produzione: U.S.A. (1968)
Una commedia raffinata e spassosa, un'efficace metafora del mondo dello spettacolo Se amate la comicità dell'ispettore Clouseau, le atmosfere anni Sessanta e i drink, siete invitati a questo esilarante Party. Peter Sellers, con il suo indimenticabile colorito indiano, veste qui i panni di Hrundi V. Bakshi, ingenua e sbadata comparsa indiana sul set di un film di Hollywood. Dopo avere inavvertitamente fatto esplodere il set prima del ciak del regista, il buffo ometto si ritrova per errore invitato in una lussuosa villa al party del produttore del film. Qui il sobrio ma imbranato indiano combinerà un guaio dopo l'altro, aiutato in questo crescente caos, da una galleria di personaggi "etilici", su tutti il cameriere Levinson, che dopo essersi scolato tutti i drink rifiutati dall'integerrimo Bakshi, finisce per servire l'insalata con le mani e pomiciare placidamente con una bionda altrettanto ubriaca, mentre alle loro spalle la villa è un delirio di schiuma ed elefanti hippie. Senza dubbio il miglior prodotto della fertile e travagliata coppia Sellers-Edwards, Hollywood Party è una sorta di film-happening, improvvisato dagli interpreti a partire da un esile quadernino di sceneggiatura di dodici pagine. Ogni attore, Sellers in testa (memorabile il suo "birdy birdy gnam gnam"), costruì il suo personaggio giorno per giorno sul set, connotandolo con manie, tic e gesti buffi, semplici quanto geniali (si dice non si sia mai riso tanto sul set di un film...). In questa fiera delle vanità senza vie di fuga (tutto si svolge nella villa, a eccezione del prologo iniziale), evidente metafora dell'effimero mondo dello spettacolo, l'umile, spontaneo Bakshi si aggira goffo e spaesato come Charlot: esita, si scusa, sorride, perde una scarpa in piscina, fa schizzare un pollo in testa a una elegante signora (forse una delle scene più citate della storia del cinema), e si innamora anche. Con la tenerezza disarmante, la vulnerabilità e la malinconia tipica dei personaggi edwardsiani, l'indiano troverà così la rivincita alla sua emarginazione (sociale, razziale ed emotiva) nell'adorabile cantante francese Michèle, ma solo dopo un continuo e crescente susseguirsi di gag indimenticabili che hanno fatto la storia della slapstick comedy. Il tutto accompagnato dalle musiche del fido Henry Mancini e dalla consueta eleganza dell'Edwards migliore, quello di Colazione da Tiffany, che qui porta alle estreme conseguenze il bizzarro party nell'appartamento di Holly Golightly, toccando vette di comicità surreale nel catartico, catastrofico delirio finale. Chiara Renda
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