La grande bellezza
Film
Drammatico
Un carnevale escheriano, mai realmente tragico ma solo miseramente grottesco
diPaolo Sorrentino
conToni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Piero Gimondo, Isabella Ferrari, Serena Grandi, Giorgio Pasotti, Massimo Popolizio, Giulia Di Quilio
durata: 142 min. produzione: ITA (2013)
Link al sito: http://www.lastampa.it/promozioni/la-grande-bellezza/
LA GRANDE BELLEZZA: ROMA E I SUOI PERICOLI Quinto film di Paolo Sorrentino ad essere presentato al Festival di Cannes, La grande bellezza è frutto di una sceneggiatura scritta dallo stesso regista con Umberto Contarello. Dopo l'esperienza in Irlanda e negli Stati Uniti messa a punto con This Must Be the Place, Sorrentino torna a girare in Italia e realizza un film che scava profondamente nel sottobosco della città di Roma, sondando le contraddizioni, le bellezze e le situazioni di cui è stato personalmente testimone e mettendo in scena il ritratto di persone e personaggi che ha incontrato nella capitale. Seppur considerata una città meravigliosa, Roma in La grande bellezza appare piena di pericoli nascosti e terra di avventure intellettuali che non portano a nulla e a descriverla, facendo da osservatore, è il personaggio di Jep Gambardella, interpretato da Toni Servillo. I RICHIAMI A FEDERICO FELLINI ED ETTORE SCOLA Meno barocco rispetto ai film precendenti di Sorrentino, La grande bellezza ha molti punti in comune con il cinema di Federico Fellini e con i suoi Roma e soprattutto La dolce vita, a partire dall'elemento comune che hanno entrambe le opere: il protagonista osservatore. Come nel capolavoro di Fellini, Palma d'oro al Festival di Cannes nel 1960, Jep Gambardella è soprattutto un osservatore del mondo esterno che diventa la principale ragion d'essere del film (è solo in un secondo momento che, attraverso una serie di colpi di scena e di ragioni legate alla sorte, Jep si ritrova ad affrontare anche un percorso personale). A differenza del personaggio di Marcello Rubini, interpretato da Marcello Mastroianni in La dolce vita, Jep Gambardella è più anziano ed è profondamente deluso dal suo rapporto con la creatività. Scrittore costantemente preoccupato per la sua biografia artistica alla deriva, Jep si ritrova a vivere tra le schiere di un'alta società in cui conversare è solo un rumore di fondo e il pettegolezzo è ridotto a meschinità istintiva. Questa è anche la ragione per cui il personaggio cita costantemente Flaubert mentre la disperazione per l'invecchiamento e per il tempo che passa diventa sempre più profonda, generando nostalgia per un'innocenza che sembra ormai perduta e che egli associa a qualcosa di molto lontano dalla sua esperienza, come la beatitudine. Per Jep, il concetto di beatitudine è fondamentale e ritorna nell'incontro con la suora che ha dedicato la sua vita alla povertà, spingendolo a intravedere il punto di partenza per una nuova creazione artistica. Il richiamo a La dolce vita è inoltre evidente nella splendida fotografia a colori di Luca Bigazzi, quasi eco di quella in bianco e nero di Otello Martelli. Oltre a rimandare a Fellini, La grande bellezza ricorda anche La terrazza di Ettore Scola nel mostrare il ricorso alle forme più basse di chiacchiericcio, la capacità proverbiale di dimostrare cattiveria verso gli amici più stretti, il disincanto e il cinismo della borghesia romana.
Recensione da: