Locandina Film LA QUATTORDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

LA QUATTORDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Film

Drammatico

UNA SUMMA DEL CINEMA DI AVATI, INTRISO DI MUSICA, MALINCONIA E A CUI NON MANCA IL GUIZZO IRONICO DEL SUO AUTORE.

di Pupi Avati

concon Gabriele Lavia, Edwige Fenech, Massimo Lopez, Lodo Guenzi, Camilla Ciraolo.

durata: 98 Min. produzione: ITA (2023)

Link al sito: https://www.mymovies.it/film/2023/la-quattordicesima-domenica-del-tempo-ordinario/

Bologna oggi. Marzio incontra Samuele con cui negli anni '70 aveva costituito il gruppo 'I Leggenda' con il sogno di sfondare nel mondo della musica e che aveva invece finito con il produrre un solo brano. I due vivono entrambi un momento difficile così come non facile aveva finito con il diventare il loro rapporto a causa di Sandra, che Marzio aveva sposato ma non aveva saputo comprendere fino in fondo. Sono passati 35 anni dalla quattordicesima domenica del tempo ordinario in cui si era celebrato il matrimonio. Ora tutti e tre si trovano dinanzi a una svolta della loro vita.

'Il quarantatreesimo film del cinema avatiano': questo potrebbe essere il titolo alternativo di un'opera che ha come spinta propulsiva il dono che alcuni Autori (e Avati indubbiamente lo è) scoprono di possedere interiormente raggiunta una fase avanzata della loro vita: il non dover essere costretti a dimostrare niente a nessuno.

Pupi Avati è sempre stato un uomo libero, lontano dagli ambienti 'che contano' nel mondo del cinema, ma ora lo è nel senso più ampio del termine. Lo aveva ulteriormente provato, ammesso che ce ne fosse bisogno, con i due film precedenti con il ritorno all'horror de Il signor diavolo e con un sogno accarezzato per vent'anni e finalmente realizzato, grazie a una rilettura al contempo classica ed originale: Dante rivisitato grazie a Boccaccio e mettendo la Divina Commedia sullo sfondo. Ora ci propone una summa del suo cinema mostrando in sottotraccia di avere condensato elementi che avrebbero potuto, se sviluppati ulteriormente, dare origine a una fiction di qualità come lo è stata Un matrimonio.

Perché da lì si torna a partire, da una data che dà il titolo al film e che è quella in cui lui si è sposato. Già il titolo costituisce una piccola provocazione. Non tanto per il dato biografico di cui sopra che, ovviamente, i più non conoscevano ma per quel 'tempo ordinario' di cui molti si devono essere chiesti in cosa consista non sapendo che è una modalità di datazione liturgica. Perché Avati è un cattolico praticante, distante anni luce dal bigottismo, che però non ha remore nell'affermarlo.

Quella data per il protagonista sembra segnare il raggiungimento del traguardo non rendendosi conto che invece costituisce l'inizio della corsa, con salite e discese, che sta alla base di un matrimonio. Ecco allora che diventa necessario, a Marzio come a Pupi, voltarsi indietro per cercare di capire cosa è accaduto, come sono stati messi in gioco e vissuti quei due stati fondamentali delle relazioni che sono l'amore e l'amicizia.

 

Come accade nel cinema di un autore che è rimasto un musicista nel profondo, la musica non è mai un elemento dello sfondo nei suoi film, un accompagnamento funzionale ma nulla di più. Qui l'unica canzone del duo viene riproposta in più di un'occasione e i malevoli potranno appiccicarle la definizione di 'tormentone'. In effetti lo è ma con l'esclusione del 'ne' finale. Lo è per i tre protagonisti perché segna il punto più alto dell'unione così come quello del distacco.

Il personaggio di Sandra, accompagnato nelle diverse fasi della sua vita, mostra come Avati si sia, con il passare degli anni, allontanato da un cinema al maschile (con il gruppo degli attori fedeli) per scavare sempre più nell'animo e nelle esigenze delle sue protagoniste.

In un film in cui la morte (o il suo rischio) è presente in più occasioni, resta intatta l'esigenza di guardare avanti pur sapendo che alcuni difetti saranno sempre inemendabili. Insieme al bisogno di ottenere una risposta a domande che non si potranno mai porre se non in un'altra vita (se ci si crede) come quelle di Marzio al padre e di Pupi al suo, perso quando aveva 12 anni.

Al pessimismo della ragione Avati non rinuncia ma sa anche che questo può costituire un freno. Le stanze della vita possono tornare ad avere il colore giusto che integri in sé una molteplicità di attese e di progetti. Nonostante tutto. In un film intriso di malinconia in cui però non può mancare il guizzo ironico di Pupi. Edwige Fenech, come ha dovuto fare in tanto film degli anni '70, va a fare una doccia. Non la si vede ma il getto dell'acqua dopo l'abluzione non si ferma. Lo ferma Marzio. Così come lo ha fermato Pupi offrendole questo ruolo. 

Recensione da:

Giancarlo Zappoli