Locandina CONCERTO LED ZEPPELIN The Song Remains the Same

LED ZEPPELIN The Song Remains the Same

CONCERTO

MUSICA

conLED ZEPPELIN

La fama dei Led Zeppelin deve moltissimo alla loro reputazione di grande live band: assieme a pochissimi altri, come The Doors, i quattro hanno incarnato al meglio l'anima istrionica ed esibizionista del performer rock, creando i termini di paragone per chiunque sia salito su di un palco con una chitarra dopo di loro. Fu proprio con le esibizioni live che gli Zeppelin costruirono dal nulla la propria leggenda, tanto che in America divennero i beniamini delle folle ancor prima che uscisse l'album d'esordio; per tutti gli anni '70 il concerto degli Zeppelin fu considerato l'evento live per eccellenza. Ciò premesso, c'è da chiedersi se l'unico album live ufficiale della band sia all'altezza di una simile fama. "The Song Remains The Same" è innanzitutto un film, che documenta il tour dell'estate 1973, quello concomitante alla pubblicazione di "Houses of the Holy": le riprese erano state affidate al giovane regista David Massot, ma non avevano inizialmente soddisfatto Page e soci che decisero di accantonarle. Più tardi, qualcuno ebbe l'idea di integrare il documento live con inserti fantastici, in cui ognuno degli Zep interpretava un ruolo: così vediamo Jones cavaliere nero che si aggira per un cimitero nebbioso, Page che va alla ricerca dell'eremita di "IV", Plant che brandisce uno spadone, Bonzo che fa il gangster... L'effetto è tra il comico involontario e l' ultrakitsch più deprimente; meglio le sequenze live, che restituiscono l' atmosfera da cerimonia che avvolgeva i concerti degli Zep quando sedevano in cima al mondo. Veniamo alla musica: "The Song..." è complessivamente un buon doppio live, che comunque alterna momenti esaltanti a lungaggini narcisistiche e, peggio, a cadute di tono sui brani più intoccabili. L'inizio è quello classico dello "Zep-evento": "Rock'n'roll" che si abbatte improvvisamente sulla folla, con la chitarra di Page tanto esagerata e fracassona quanto era compressa e smorzata nell'originale; purtroppo abbiamo anche un buon esempio di come dal vivo Plant arrancasse nell'inseguire la propria performance in studio. "Celebration Day" è piuttosto diversa dall'originale su "III", ed è sfortunatamente l'unico brano da quell'album (ci sarebbe stata anche una "Since I've Been Loving You", scartata poi in sede di montaggio); del resto una delle pecche di "The Song..." è quella di penalizzare i primi, leggendari quattro dischi per privilegiare i brani tratti dal più recente "Houses of the Holy". A proposito di "Houses...": la canzone che dà il titolo all'album, come dice il nome, è sempre la stessa (e il vostro scribacchino non l'ha mai amata troppo); le esecuzioni di "No Quarter" e "Rain Song" sono invece suggestive e forse più fluide degli originali in studio, e rappresentano buoni momenti esecutivi, in cui l' esaltazione di Page si alterna ai ricami elettronici di Jones e del suo mellotron. Ma l'autocompiacimento strumentale ha il suo apice in "Dazed And Confused": venti minuti venti in cui Page sbrocca e fa qualsiasi cosa gli salti in mente, ben oltre il famoso assolo con l'archetto per violino: negli alti e bassi dell'orgia chitarristica l'ascoltatore probabilmente ci gode un po' di meno, a meno che di non considerare qualsiasi suono emesso da Jimmy degno di religiosa adorazione. Qualche nota dolente arriva purtroppo da "Stairway to Heaven": Plant canta a voce dimezzata e l'insieme risulta piuttosto tirato via; è comunque una bella emozione risentire lo stesso biondo cantante quando chiede alla folla "does anybody remember laughters?", come faceva sempre nelle esecuzioni live della Zep-Canzone per eccellenza. Meglio nel finale: "Moby Dick" concede a Bonzo il suo quarto d'ora di follia percussiva, mentre per ultimo arriva un altro classico dello show: "Whole Lotta Love" in versione medley, infarcita di improvvisazioni e citazioni di vecchi blues; il pubblico è in visibilio, e anche il vinile ascoltato nella penombra della cameretta fa scorrere fiotti d'adrenalina. Un doppio disco interessante quindi, ma non esattamente all'altezza della potenza e della fama di una delle migliori live band di tutti i tempi; tuttavia, per la semplice ragione di essere stato l'unico album dal vivo degli Zeppelin, è da tantissimi ritenuto un classico. Dobbiamo tuttavia ricordare che "The Song Remains The Same" è uno dei "tappabuchi" cui ricorsero gli Zeppelin per scongiurare l'inattività forzata dovuta all' incidente di Plant, che li avrebbe allontanati a lungo dalle scene: del resto queste registrazioni erano state inizialmente accantonate come poco soddisfacenti, e Page stesso affermò che il doppio live non documentava una delle migliori esibizioni della band, ma almeno era un disco "onesto". A chi però di quell'onestà non si sazia, non posso che consigliare di andare alla caccia qualcuno dei tanti bootleg che documentano l'attività live fra il 1969 e il 1971; ma anche nel doppio CD "BBC Sessions" uscito nel 1997 c'è di che rifarsi le orecchie.