Murgia

Teatro

concon M.Sinisi scrittura scenica di M.Sinisie M.Santeramo (Finalista Premio Scenario)

La storia di un ragazzo che torna nella terra d'origine, dopo averlaabbandonata, è la storia di tanti di noi. Abbiamo pensatoaltro, altrimenti, altrove, sognando di varcare il confine.Siamo andati di là del ponte, immaginando nuovi mondie nuovi approdi. Sappiamo bene cosa significa vivere in paesisperduti nella campagna, dove la vita era, ed è ancora,segnata dalle stagioni, dalle morti e dalle nascite. Conosciamobene lo stupore e l'orrore per i "sovrumani silenzi".Spinti dal movimento del desiderio ci siamo portati di làdalla soglia, palpitando di gioia per la salvezza e di pauraper la fuga. L'avventura di chi lascia la propria terra si reggesu valori opposti e contrari - paura e meraviglia, finito einfinito, minimo e massimo -, che si rovesciano l'uno nell'altro,come ora sappiamo, e che, data la sublime e tragica somiglianza,c'introducono nella dimensione labirintica della vita. E sappiamoanche, ora, di dover lasciare irrisolta la dualità dellanatura e cultura umana, nel rispetto del principio della "irriducibilità"degli opposti, fondamento della creazione artistica. Il minimodi ciò che lasciamo e il massimo del vagheggiamento.E poi, al ritorno, il massimo di quello che non sapevamo e ilminimo del favoloso possibile che abbiamo realizzato. La relativitàoccupa una posizione centrale nel destino degli uomini.

Ecco, è di questo nostos che parla "Murgia"del Teatro Minimo, testo di Michele Santeramo e interpretazionedi Michele Sinisi. Racconta la scoperta che un ragazzo fa dellasua terra. Odiata, disprezzata, abbandonata, e per lungo temposconosciuta, si rivela improvvisamente come parte integrantee insostituibile della sua natura e della sua cultura. Evidentemente,senza saperlo, il suo cuore e la sua mente non l'avevano maidimenticata.

Il tratturo della Murgia non è solo un tratturo. I suoiiazzi, le sue lame e le sue masserie non sono soltanto iazzi,lame e masserie. Sono la sostanza della terra. I profumi, isuoni e gli odori sono di quella terra e non di un'altra. Leparole e le facce sono fatte di terra, di quella particolareterra di cui sono fatti tratturi, iazzi, lame, masseria, suonie odori, che assieme alle facce, alle parole e alle storie costituisconol'identità della Murgia, quindi del ragazzo nato in quellembo di terra. Tutto risulta leggibile, ora. Bellezze, errorie orrori sono perfettamente leggibili, ora. Anche ciòche appare illeggibile è leggibile. Anche l'impalpabilee l'invisibile sono percepibili. E le tracce immateriali, lasciatedagli uomini, vagano nell'universo in cerca del poeta che lericonosca e le canti, a condizione che non renda dicibile l'indicibile.

Il poeta torna sempre sui suoi passi. Maree, passaggi, attraversamentisenza sponde mettono a dura prova le sue capacità e lasua resistenza. E proprio quando approda nel luogo da dove erapartito immaginando grandi imprese, ha inizio il vero viaggiodella conoscenza. Scopre ciò che è altro da sée di sé. Capisce che le avversità patite dallasua terra e i fatti inquietanti che l'hanno a lungo martoriatae in parte devastata, la condannano a stare in bilico tra la"salvaguardia" e lo "sfruttamento sistematico".E solo adesso che è tornato comprende che, per quantose ne allontanerà, mai riuscirà a staccarsenecompletamente - pena la perdita d'identità -, essendoessa memoria, radice, nutrimento.

Il poeta è un uomo lucertola attaccato al muro di cinta.Occhio folle e sorriso dipinto sulle labbra che gli dàl'illusione di potersi salvare dalla vita. L'uomo lucertolaSanteramo ha un forte comportamento poetico e come tutti i poetidesidera fare qualcosa per la sua terra, ora. Ma che puòfare un poeta, se non attaccare alle parole la sua terra? Eche può fare l'uomo lucertola Sinisi, se non attaccareil gesto alla parola nella lingua e nel dialetto messi a disposizioneil drammaturgo? Ma il teatro è corpo. Anche la parolaè corpo, e l'anima può cantare solo attraversoil corpo. Sinisi e Santeramo lo sanno. La teoria e la prassidella dualità non sono passate nel nostro paese. L'ideologiadel partito preso ha ucciso la cultura e la cultura ha uccisola parola. I nostri sanno affrontarla a colpi di scalpello,andando oltre la crosta, questo è certo, e non ècosa di poco conto. Ma può bastare? Invitare al banchettol'uomo totale, offrendo come unica pietanza il logos della parola,vuol dire mandare a casa l'ospite con un desiderio insoddisfatto.Attorno al tavolo dell'offerta quell'uomo reclama attenzioneanche alla parte immateriale ed irrazionale del suo essere echiede sensazioni, emozioni, sentimenti, non solo pensieri.Se è vero che il dato cognitivo non può essereseparato da quello percettivo, la cognizione del dolore avrebbedovuto indurre il drammaturgo a mettere in preventivo non solola parte visibile, ma anche quella invisibile del paesaggio,e l'attore ad affidarsi alla dualità della sua naturae della sua cultura nella prospettiva di un atto totale tesoa soddisfare appieno le attese dello spettatore. Con la suacarica intrinseca d'istintività e di spazialità(antitetiche al logos della parola e del gesto), quell'attoforse avrebbe reso giustizia agli odori, ai profumi e ai saporipregnanti di quella terra.

"Murgia" reclamava il premio di una festa sinestetica,che avrebbe condotto gli uomini lucertola oltre i canoni angustidella tradizione immobile. Invece, rimettendo piede nella loroterra, si sono dimenticati di tornare ai primordi del teatroed alle impliciti geometrie del caos. Non è nelle acquelimpide di Narciso, ma in quelle torbide d'Afrodite che il ritodella ri-creazione e l'atto (auspicabile) della ri-generazioneteatrale nella prospettiva della pluralità del linguaggioattendono apporti quantitativamente e qualitativamente semprepiù importanti. Santeramo e Sinisi hanno le capacitàper dare un contributo significativo. Con "Murgia",e non solo, si sono posti un altro obiettivo, legittimo, dimostrandodi avere innegabili capacità artistiche e professionali.Hanno ottenuto il massimo del Teatro Minimo. Noi gli chiediamoil minimo del teatro massimo, perché siamo degli impertinenti.(Alfio Petrini)