Sogno di una notte di mezza estate

(Corpo di ballo del Teatro alla Scala Direttore Frédéric Olivieri)

LIRICA

MUSICA

diGeorge Balanchine

conCoreografia George Balanchine A. Ferri, R. Bolle, M. Murru, R. Massimi, G. Gelati, B. Carbone, V. D'Amato, G. Ghisleni, S. Brazzo, M. Buongiorno, C. Di Pompo

durata: 103 Min. produzione: RAI TRADE (2004)

“Conosco un ciglio dove fiorisce il timo selvatico dove cresce la primula e reclina il capo la viola…” Con queste parole pronunciate da Oberon, re delle fate, alla fine della scena del primo atto dell’opera di Shakespeare, Balanchine cerca di descrivere l’anima e l’atmosfera del suo Sogno di una notte di mezza estate, un luogo fantastico - sempre per citare i versi originali del libretto - in cui dorme Titania, sposa di Oberon, “cullata tra i fiori e le danze melodiose”. E ottima è a proposito la scelta di Luisa Spinatelli, che ha curato le scene e i costumi, di immaginare la culla di Titania come un petalo di magnolia: quale sede più delicata e dal profumo inebriante poteva essere pensata per la regina delle fate? Cornice perfetta anche per la splendida Alessandra Ferri/Titania che non sembrerebbe proprio pronta a lasciare le scene. E con gli sposi Oberon e Titania, Balanchine riporta sulla scena un universo magico, popolato da elfi e da fate, da farfalle e da fiori danzanti, che ha per lui anche un duplice significato. In primis rappresenta un viaggio nella sua memoria, nel ricordo di quand’era ancora bambino e aveva avuto modo di recitare come elfo in una delle rappresentazioni del Sogno di una notte di mezza estate messo in scena dalla scuola che frequentava a San Pietroburgo. Poi, col Sogno, dopo i suoi capolavori più astratti, si riavvicinò al Balletto Imperiale di San Pietroburgo e a Marius Petipa; quindi, alla tradizione del balletto russo, che nel 1889 diede alla luce la prima versione di questa opera danzata rappresentata a fianco di altri due titoli. Infatti Petipa concepì il suo Sogno, come un balletto “mignon”, e si trattò tra l’altro di una novità per l’epoca anche per quanto riguarda la scelta musicale. Infatti era la prima volta che si utilizzava una musica preesistente, a differenza di quanto invece avveniva normalmente per tutti i suoi balletti in programma. La partitura di Felix Mendelssohn-Bartholdy fu in un certo senso una scelta obbligata per il maestro russo che ogni anno si recava a Parigi per conoscere le nuove tendenze della musica e della danza. Non poteva non coglierne le differenze di spessore con quelle composizioni definite “su misura” che accompagnavano normalmente i suoi pezzi. Dopo quest’esperienza le cose mutarono, dato che le musiche di balletti successivi come La Bella Addormentata nel bosco (1890) e Raymonda (1895) ebbero la firma di Cajkovsky e di Glazunov. Rimanendo nella scia del primo Sogno, questi costituisce un ulteriore segnale innovativo per l’epoca, un’anticipazione che preannuncia la tendenza più tipica del XX sec. verso i balletti cosiddetti “miniature”, più coincisi e più brevi. Inoltre l’ambientazione in mondi fantastici popolati di elfi e fate, riavvicinava Petipa a due nuovi – per l’epoca – indirizzi popolari della danza: il ballet féerie che venne ufficializzato e riconosciuto come tale dai Balletti Imperiali di Pietroburgo con La Bella Addormentata nel Bosco e il ballo grande. Balanchine dal canto suo, sembra volgersi al passato dopo i suoi precedenti capolavori coreografici più “astratti”, per rituffarsi nelle foreste incantate e magiche ove però i drammi e le gioie legate agli stati d’animo dei personaggi vengono portate in scena conservando intatte l’espressività e l’intensità tipiche della natura umana. Creato nel 1961 per il New York City Ballet, questo balletto ha debuttato in prima europea al Teatro degli Arcimboldi nel maggio 2003 in occasione del ventennale della scomparsa di George Balanchine, fu ripreso poi nel 2005 nell’ambito delle manifestazioni per il centenario nascita e oggi, dopo la tournée di successo dell’autunno 2006 in Cina, viene rappresentato per la prima volta al Teatro alla Scala dopo che la compagnia di balletto scaligera ne ha acquistato i diritti di riproduzione coreografica. Balanchine era molto legato al suo Sogno; il suo è senz’altro molto particolare e unico, anche rispetto a versioni di altri coreografi come per esempio quella di Ashton, proprio per questo suo essere féerique grazie alla sua struttura fiabesca e fantastica. Inoltre, la dimensione onirica è senz’altro accentuata e prevale su quella narrativa. Non è un caso infatti che il coreografo riserva solo al primo atto la struttura narrativa della piece teatrale di Shakespeare. Il secondo atto vede solo la celebrazione del matrimonio e più in generale dell’Amore nel “divertissement”, un vero e proprio balletto nel balletto, tecnicamente difficile e virtuosistico, in cui si ritrova la purezza e l’eleganza delle linee dei Joyaux di Balanchine con il suo apice nel momento centrale in cui i protagonisti raccontano la loro storia d’amore in un pas de deux intenso e appassionato. Fantasia, Sogno, Amore restano comunque alla base di questo balletto in cui non può passare inosservata una grande tecnica ballettistica ereditata dalla grande tradizione della scuola russa e da Marius Petipa. Il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala ha confermato di saper vivere in questo Sogno e farlo rivivere a sua volta al pubblico: è un balletto che potrebbe ballare ad occhi chiusi e nella cornice intima del palcoscenico scaligero sembra proprio riacquistare e riappropriarsi della propria natura originaria, quella appunto di miniatura pensata da Petipa. I meriti vanno anche sicuramente alle étoiles Alessandra Ferri (Titania), Roberto Bolle (Oberon) e Massimo Murru (Cavaliere di Titania), ma anche ai primi ballerini e solisti del Teatro alla Scala: la coppia Marta Romagna e Mick Zeni protagonisti del pas des deux del divertissement, Gilda Gelati (Elena), Riccardo Massimi (Puck). Da sottolineare, per le scene e i costumi anche l’ottimo lavoro di Luisa Spinatelli, che con quest’allestimento ha saputo reincarnare con giusto spirito quell’atmosfera di sogno che Balanchine voleva per il suo balletto, ricreando una festa di colori che passano dall’azzurro al verde al rosa ed immaginando una foresta popolata di elfi, gnomi e fate dai toni vicini alla classicità greca rivisitati in chiave neoclassica.

Recensione da:

NOTE DI DANZA