THE MENU
Film
noir
UN VENDICATIVO NOIR CULINARIO CHE SFOGGIA UNA VISIONE ACUTA E AVVINCENTE SULLE PRESSIONI CREATE DAL CAPITALISMO.
diMark Mylod
concon Ralph Fiennes, Anya Taylor-Joy, Nicholas Hoult, John Leguizamo, Janet McTeer.
durata: 106 Min. produzione: USA (2022)
Link al sito: https://www.mymovies.it/film/2022/the-menu/
Tyler, gourmet ossessivo, invita Margot, misteriosa 'fidanzata', ad accompagnarlo a Hawthorn, un ristorante stellato nel cuore di un'isola privata. A gestirlo, come una caserma, è Slowik, chef di cucina molecolare che promette un menu da sogno guarnito da rivelazioni e sorprese. Tra una portata e l'altra, che Tyler degusta vorace, e Margot declina irritando Slowik, uno spettacolo macabro prende progressivamente forma. Circondata da celebrità del cinema e squali della finanza, critici gastronomici deliranti e habitué, Margot è la prima ad avvertire il clima ostile. Intanto la sua inappetenza attira l'attenzione dello chef che le fa una terribile rivelazione. Margot deve comprendere presto le regole del gioco o pagarne il prezzo con gli altri convitati.
Nella storia dei 'film di ristorazione', The Menu aspira a uscire dai sentieri battuti della commedia culinaria (Big Night, Ratatouille, Dinner Rush, Délicieux, Sapori e dissapori...) e a smarcarsi dai programmi televisivi galvanizzanti ("Hell's Kitchen", "MasterChef Italia", "Dinner Club"...) costruiti intorno a personalità esplosive come lo chef britannico Gordon Ramsay o il nostrano Carlo Cracco.
Noir culinario, The Menu arriva dopo Pig e Boiling Point nel dipingere il fallimento di un sistema e di un mondo che non ha più i piedi per terra. A Hawthorn il prezzo è 1.250 dollari a testa, sottomissione allo chef inclusa. Ti rimetti al suo genio e lui in cambio ti offre la trascendenza su un piatto d'argento. Un'introduzione efficace tratteggia personaggi e personalità che bramano le 'esperienze' e venerano il cibo rarefatto, tutti tranne Margot, outsider senza ricchezza e senza privilegi che fuma sigarette e se ne fotte delle papille gustative.
Come Pig, western culinario tra campagna e città, la commedia orrorifica di Mark Mylod è nemica della sofisticazione mondana, che ha finito per corrompere le proprie scale di valori. Accomodati i suoi ospiti, inebriati con rossi invecchiati o bianchi ghiacciati, punta i riflettori sul suo chef che recita marziale la sua filosofia alimentare. Le sfumature sono sinistre ma i commensali sono in estasi e non vedono il codice matrix sottostante, fino alla terza portata, tortillas 'incise' e personalizzate. E a quel punto è troppo tardi.
Meno sappiamo di The Menu e più deliziosa sarà la cena, tuttavia possiamo rivelare senza fare danni, che il film assomiglia a uno spettacolo teatrale concentrato sul processo di costruire ossessivamente ogni piatto, e sul pubblico, oscenamente ricco e disarmato non appena viene maltrattato in una conversazione a tavola. Dall'altra parte del fronte, un esercito di cuochi risponde agli ordini all'unisono e parla solo se interpellato. Le loro vite personali sono votate al culto della cucina, soffriggono, fermentano, misurano, insaporiscono, guarniscono, impiattano, stappano bottiglie e montano a neve le colpe imperdonabili dei convitati. La cena si nutre dei loro peccati e assapora la loro umiliazione per ritornare alla generosità delle cose semplici (hamburger), finire col botto e riportare tutti alla realtà. Il cibo e la sua preparazione si impongono come principali vettori emozionali del racconto.
Un racconto basato su un'isola, tempio dell'essenziale che offre pesce, verdure e carne, e accomodato in un locale esclusivo, che ospita solo una dozzina di persone, non ammette cellulari e non accetta commensali solitari. La posta in gioco è alta (riflettere sui propri privilegi e le proprie meschinità), l'ego è grande e la ricerca di una sensazione effimera è infinita. In questo senso, The Menu fornisce un inquietante commento satirico sulla divisione di classe e su come i ricchi siano un pozzo senza fondo di bisogni insoddisfatti. Mark Mylod apparecchia una commedia dark e vendicativa che sonda le ansie di un collettivo passivo e spoglia le sue velleità.
Il film non si traduce mai in una critica sociale rivelatrice ma sfoggia comunque una visione acuta e avvincente sulle pressioni create dal capitalismo e dalla sua applicazione incoerente. Una potente parodia di una cultura in cui l'esclusività e le esperienze uniche sono feticizzate in misura malsana. Ralph Fiennes è sempre vagamente mostruoso e Nicholas Hoult è l'attore più intrepido di tutti quando si tratta di essere maldestro e vanesio (La favorita, The Great). Tra di loro, la vermeeriana Anya Taylor-Joy fa "scacco matto"
Recensione da:
di Marzia Gandolfi