TRE COLORI - FILM BIANCO
(Trois couleurs: blanc)
Film
Drammatico
Orso D'argento al Festival di Berlino - Miglior regia a Krzysztof Kieslowski
diKrzysztof Kieslowski
concon Zbigniew Zamachowski, Julie Delpy, Janusz Gajos, Jerzy Stuhr, Aleksander Bardini.
durata: 90 Min. produzione: FRA (1994)
Link al sito: https://www.mymovies.it/film/1994/trecolorifilmbianco/
Karol Karol, polacco sposato con la francese Dominique, viene portato in Tribunale dalla consorte per una causa di divorzio. Motivazione: il matrimonio non è stato consumato. Con la carta di credito bloccata e con la valigia dallo scarso contenuto si ritrova in strada. Qui viene raggiunto da un individuo che gli propone di farlo rimpatriare clandestinamente se ucciderà un uomo che non vuole più vivere ma non ha il coraggio di suicidarsi. Una volta in Polonia la sua vita cambierà in modo radicale.
Krzysztof Kieslowski affronta il secondo dei colori simbolo della Rivoluzione francese concentrando la sua attenzione su un protagonista maschile che segue la Julie di Film blu e precede la Valentine di Film rosso. Il suo nome è già evocativo del taglio narrativo che il regista intende dare al film: Karol ribadito anche nel cognome. Questo è l'appellativo con cui è conosciuto Charlot in Polonia. Siamo quindi di fronte a un film in cui predomina l'humour il quale però più che bianco è definibile come fondamentalmente nero.
Innumerevoli sono le letture che si possono dare a quest'opera che ha al proprio centro l'uguaglianza dopo aver affrontato la libertà e in attesa della fraternità. Quella che è stata meno valorizzata, per un film che a torto è stato spesso ritenuto più debole degli altri due, è la lettura socio-politica. Non va dimenticato che nella filmografia del Maestro polacco si trovano numerosi documentari sul regime comunista che subirono anche pesanti censure. Ora che il regime era caduto questo film avrebbe dovuto sancire un felice ritratto della Polonia. Kieslowski girà invece una vicenda che si basa sull'uguaglianza ma si tratta non di una parificazione a un livello più elevato bensì infimo. Nella Polonia che ritrae si può ottenere qualsiasi cosa: anche un cadavere proveniente dall'estero.
È sufficiente avere denaro. Non è difficile realizzare profitti se non ci pongono troppi vincoli morali e la 'potenza' nasce da un connubio tra desiderio e dominio. È una lettura decisamente amara e disincantata da parte di un artista che non provava certo sentimenti di nostalgia nei confronti del comunismo ma che leggeva nella società che lo circondava i segnali di un liberismo devastante sul piano etico. Se in una scena vediamo Julie entrare per errore nell'aula del Tribunale (creando così una staffetta con il film precedente) ciò che lega le tre opere come un trait d'union esplicito, ma mai sufficientemente sottolineato, è un altro elemento. In Film blu una persona cercava con fatica di infilare una bottiglia di vetro nel contenitore da marciapiede per il riciclaggio (la cosiddetta campana). Julie, troppo presa da se stessa non se ne accorgeva neppure.
Qui, di notte e dopo aver perso tutto, Karol osserva un uomo con il bastone che tenta la stessa operazione riuscendovi solo a metà ma non interviene. Quell'uomo è 'impotente' come lui e in questo risiede, purtroppo, la loro 'uguaglianza'. Ma c'è ancora spazio per la fraternità di Film rosso.
Recensione da:
Giancarlo Zappoli