VAMPYR
(Vampyr ou l'étrange aventure de David Gray)
Film
Drammatico
UNA VISIONE, UN'ESPERIENZA, UN VIAGGIO IPNOTICO CHE RIVELA UN UNIVERSO ALLUCINATO E FANTASTICO. VAMPYR È UNA TAPPA FONDAMENTALE NELLA STORIA DELL'HORROR.
diCarl Theodor Dreyer
concon Sybille Schmitz, Julian West, Henriette Gérard, Rena Mandel.
durata: 75 Min. produzione: FRA (1932)
Link al sito: https://www.mymovies.it/film/1932/vampyr/
David Gray, un viaggiatore studioso di demonologia e vampirismo arriva nel villaggio di Courtempierre e si ferma in una locanda dove è risvegliato all'improvviso un uomo che gli lascia un pacchetto dove sopra c'è scritto: "da aprire dopo la mia morte". Dentro c'è un libro, "La strana storia dei vampiri" di Paul Bonnat in cui viene a conoscenza della storia di una vampira, Marguerite Chopin, che con l'aiuto dei suoi sinistri assistenti in cui c'è a capo un medico, terrorizza la regione. Una delle due figlie dell'uomo, intanto ucciso da un colpo d'arma da fuoco di cui si vede solo l'ombra, è una sua vittima ed è gravemente ammalata. David, dopo aver superato minacce ed essere stato in preda a incubi mortali, riesce a sconfiggere la minaccia. Arriva al cimitero dove si trova la tomba e lì, grazie all'aiuto del servitore dell'uomo che conficca una barra di metallo nella bara della vampira dove è perfettamente conservata, allontana definitivamente la maledizione.
Le sfide più belle e difficili non si vedono subito. Spesso hanno bisogno di anni, o anche di decenni. Vampyr è una di questa.
Dreyer lo ha realizzato dopo La Passione di Giovanna d'Arco, che era stato amato dalla critica ma era andato incontro a un insuccesso di pubblico tanto che la Socièté Générale de Films, che aveva prodotto il film, aveva rotto il contratto con il regista. Il flop di Vampyr invece era stato totale. Troppo incompreso perché troppo avanti, già avanguardista, capace già di rivoluzionare le forme dell'horror.
Arriva a dieci anni di distanza Nosferatu di Murnau e un anno dopo Dracula di Browning. Ma, tranne che per il tema sui vampiri, è completamente diverso. Le ombre non sono quelle del cinema espressionista. Mostrano invece lo sdoppiamento proprio del cinema di Dreyer, la capacità di mostrare insieme l'anima e il corpo, il desiderio e la morte.
Dall'immagine di quelle che ballano fino a inquadrare un musicista, Vampyr è un viaggio ipnotico che rivela un universo allucinato e fantastico. I luoghi chiusi sono spettrali, inquietanti. Ma una buona parte del film si svolge all'aperto, tra le illusioni di una possibile felicità nel finale che tira in ballo ancora Murnau (Aurora) e soprattutto, come principale elemento di rottura, la luce bianca della fotografia di Rudolph Maté (con cui Dreyer aveva già collaborato in Desiderio del cuore e La passione di Giovanna d'Arco) che prevale sul buio. La tensione non è costruita, anzi è nascosta. La maledizione sul luogo è mostrata come qualcosa che è già accaduta. Vampyr è una visione, un'esperienza, uno stato sospeso tra il sonno e la veglia, il percorso di un sonnambulo, tra le chiave della porta che si gira da sola alla soggettiva del protagonista dentro la bara. Lì David entra nel proprio sogno, vede sé stesso morto, un'invenzione visiva ancora oggi di incredibile impatto così come quelle delle ombre che agiscono indipendentemente dai corpi.
Con Vampyr Dreyer disegna una tappa fondamentale nella storia dell'horror. Si tratta del primo film sonoro del cineasta danese anche se era stato pensato come un film muto. Non ci sono molti dialoghi ma i rumori, le voci, i brusii diventano fondamentali. Possono essere reali o, ancora, deformazioni soggettive-uditive o anche proiezioni oniriche. E anche la musica di Wolfgang Zeller, che si potrà apprezzare nella versione restaurata distribuita dalla Cineteca di Bologna, alimenta i momenti drammatici e fantastici e dimostra come Vampyr sia stato un precursore anche nel modo di utilizzare gli elementi sonori.
L'origine letteraria non è Bram Stoker ma Sheridan Le Fanu. Il film è infatti ispirato ad alcuni suoi racconti come il celebre "Carmilla" ma anche "The Room in the Dragon Volant", "The Familiar" e "Mr. Justice Harbottle" contenuti nel volume "In the Glass Darkly", pubblicato nel 1872, un anno prima della morte dello scrittore. Il testo però diventa pura suggestione, con una trama-base in un cinema che invece rivela nuovi dettagli ad ogni visione.
Un cinema di fantasmi, proprio come il protagonista Julian West, pseudonimo dietro al quale si nasconde il produttore del film Nicolas Louis Alexandre de Gunzburg. Ma anche un cinema di carne e di sangue, come nella scena in cui David sta per essere dissanguato in un'inquadratura che potrebbe essere sovrapporsi con quella di Giovanna D'Arco, di avvolgente e soffocante claustrofobia nella scena della morte del dottore nel vecchio mulino, e anche sognante. Gli occhi di David e delle due figlie dell'uomo ucciso sono impauriti e meravigliati. La stessa paura e meraviglia del cinema di Dreyer che è stata sempre una continua esplorazione di quello che si nascondeva dietro le azioni dei suoi protagonisti. Imperdibile e, oggi, futuristico.
Recensione da:
Simone Emiliani